mercoledì 31 gennaio 2007

PER CHI NON VUOLE VEDERE. MA DEVE SAPERE.

Quanto segue non l'ho scritto io, ma l'ho preso dal sito campagnaaip, io non posso vedere il filmato perchè mi manca un non so quale plugin o forse semplicemente perchè ho un macintosh, cmq mi è bastato leggere la testimonianza per rovinarmi la giornata ed avere questa stretta al cuore ce non va via.

<< Questo filmato è qui sul mio computer. Da qualche giorno.
Non volevo vederlo

http://www.strasbourgcurieux.com/fourrure/

Amo gli animali, mi sono detta. Faccio quello che posso per loro. Starei solo male. Per niente.
Poi ho deciso. Di vederlo. Di star male. Per un tempo che non finiva più.
Perché non basta "sapere". Occorre vedere per poter raccontare a chi non vuole farlo.

Perché voglio si sappia e si faccia sapere l'orrendo dolore che sta dietro ai belli articoli di pregio in pelle e pelliccia, rifiniti, bordati in pelle e pelliccia, che riempiono le vetrine dei nostri negozi, che invadono i nostri grandi magazzini (un sacco ne ho visti all’Upim, alla Rinascente, importati dalla Cina), che debordano dalle bancarelle dei nostri mercati.

Perché voglio che si pensi quando si sceglie un giaccone, un piumino, una borsa, un paio di guanti.
Per noi, per un regalo, magari per il prossimo Natale.
E non ci si possa dimenticare quello che qui si è visto o che io voglio comunque raccontare.
PER CHI NON VUOLE VEDERE. MA DEVE SAPERE

CINA. Animali. Bellissimi. Tipo procioni, tipo marmotta. Non me ne intendo. Grassi. Tenerissimi. Musi bellissimi. Tantissimi. In gabbie di filo di ferro. Strettissime.

Afferrati. Per la lunga coda stupenda. Sbattuti in terra una, due volte. Lasciati lì, a sobbalzare. Appena intontiti.
CON CALMA, SENZA FRETTA, TAGLIATE LE 4 ZAMPINE. SEGATE.
Il piede dell'aguzzino che li schiaccia sul collo. Li inchioda al terreno.
E SEMPRE CON CALMA, INCISI I MONCHERINI, AD UNO AD UNO.
Per preparare lo strappo. Lasciati lì. Ad aspettare.

PRIMO PIANO SUL MUSO. SUGLI OCCHI DOLCISSIMI. CHE LUCCICANO. BRILLANO. SPALANCATI. OGNI TANTO SOCCHIUSI.

APPESI. SCUOIATI. CON CALMA. SENZA FRETTA.
Magari sospendendo il "lavoro" per voltarsi a dire qualcosa. A un altro aguzzino. E lui che sobbalza, si contorce, spalanca la bocca.

E il pelo fa fatica a staccarsi, a lasciare i piccoli corpi.
E poi la carcassa. Buttata su un carro. Su una montagna di corpi nudi.
E mi dico:"...è finita... finalmente è finita."
Ma no, invece. Primo piano. Sulla carcassa di cui brillavano gli occhi.
Zoomata. Sul muso. Che spalanca la bocca.
Un'ultima ripresa, più d'insieme. In un altro sforzo, la povera testa scuoiata si alza, si gira. Si volta. Pare quasi a guardare lo scempio di quel che resta del suo corpo torturato.

Minuti e minuti che sono un'eternità. Un'agonia. Per me, che guardo soltanto. E per loro...?
E poi ancora. E mi chiedo quand'è che finisce.

E POI E’ LA VOLTA DEI CANI. BELLISSIMI. PELO RIGOGLIOSO.
STESSA ORRIBILE SORTE. STESSA AGONIA INFINITA.
Quelli il cui pelo compriamo sereni.
Credendo all'etichetta, alla commessa che ci rassicura "E' coyote, asian jackall, marmotta"
Come se, anche se volessimo crederle, coyote, sciacalli, marmotte fossero esenti dal dolore. Fossero cose. Animali torturati la cui pelliccia borda i cappucci delle nostre belle giacche a vento, dei nostri piumini e giacconi. Anche di marca. Di pregio.
Made in Italy, made in Usa, made in France. Di taglio perfetto. Dalle rifiniture precise. Esiste una legge in Italia. Per far stare tranquilli noi consumatori, si sa che è vietato importare pelli di cane e di gatto.
Peccato che in dogana vengano mistificate con nomi di fantasia o vengano dichiarate come volpi, agnello, lapin.
Peccato che per scoprirne la reale natura ci vorrebbe ogni volta un costosissimo esame del DNA, che nessuno è disposto a pagare.
Peccato che tutto questo pelo, di cane, di gatto o di qualsiasi altro animale costi una sofferenza atroce. Che neanche ci possiamo immaginare.

Il filmato prosegue. Animaletti deliziosi. Grandi e piccoli. Rinchiusi in attesa della loro sorte terribile. Uno sembra quasi giocare con un recipiente. Pare un piccolo orsetto, un cucciolo dalle movenze, bianco. Altri invece girano frenetici nelle loro prigioni. Disperati. Impazziti.

E POI TOCCA AI CONIGLI. Il famoso lapin, che acquistiamo tranquilli. Tanto, è il pelo dei conigli che mangiamo, che mangiano. Falso. Falsissimo. Guardare il filmato per credere. Appesi. Scuoiati vivi. Carcasse che si contorcono chissà ancora per quanto, dopo.

Tutto questo mi ha intristito e angosciato oltre ogni dire. Una giornata da dimenticare.
Ma la mia pena è niente a confronto di quella degli attivisti animalisti che si sono costretti a filmare queste atrocità. Per farci sapere quanto dolore si nasconde dietro tanti bei capi d'abbigliamento. Per renderci consapevoli delle nostre scelte. Anche quelle che sembrano banali, dettate dall'impulso di un momento.

ED E' ZERO A CONFRONTO DI QUELLO CHE SOFFRONO QUESTI ANIMALI.

E' orribile vedere questo filmato. Ma ancora più orribile è contribuire a torturare questi animali, colpevoli della maledizione di possedere una bella pelliccia.

Anche se non vedete il video, vi prego di far girare questa mia il più possibile. E magari proprio fra chi, non essendo a contatto con realtà animaliste, non conosce e non sa quanto male una scelta irragionata fa agli "animali non umani".

Grazie mille.


UN INVITO ALLA CONSAPEVOLEZZA, UN INVITO ALLA LOTTA
Ci sono due filmati da guardare sul sito che mostrano il dramma della scuoiatura degli animali. Spesso si sente dire che la gente non dovrebbe essere sottoposta alla visione di immagini troppo crude, perchè allontanano, perchè sono ripugnanti. Noi invece crediamo che tutti dovrebbero osservare come i sadici bastardi pellicciai si guadagnano da vivere; tutti dovrebbero provare a mettersi nei panni delle loro vittime e sentirsi scorrere addosso la sensazione della tortura: sentirsi sfilare via la pelle, mentre il sangue pulsa e il corpo si irrigidisce. Se avessimo la forza di renderci partecipi del destino atroce che alcune categorie di esseri umani riservano agli animali, allora non si accetterebbe più alcuna giustificazione. Non si ignorerebbe una signora che indossa la pelliccia; non si tacerebbe davanti ai rivenditori, agli allevatori, agli stilisti assassini. Così come non ci sederemmo più a un tavolo per condividere una cena con dei carnivori e non si userebbero più inutili prodotti testati su animali. Ma soprattutto non si sentirebbe più dire in giro, magari da persone impegnate nel sociale "umano", che l'animalismo è qualcosa di marginale, di limitato, di secondario.
Non ci sono scuse per chi chiude gli occhi davanti a massacri di tali gravità e dimensioni. Solo chi è privo di sensibilità alcuna, di carattere e di capacità intellettive può stare fermo e non agire. La sottovalutazione viene dall'indifferenza, genera rassegnazione e sfocia nella complicità.
Chi invece si sente sconvolto, che sente le lacrime amare che vorrebbero uscire e trasformarsi in rabbia...lui, lei sì! Deve sentirsi importante, deve cercare di diventare determinante. Uscire dall'ipocrisia ideologica della non-violenza e uscire di casa, sfruttando l'energia che quando guardava i video si sentiva addosso; non dimenticarla mai, scolpirsela nella memoria. A denti stretti, a testa alta, sicuri di essere dalla parte giusta.
Colpire le industrie della morte. Ogni gesto, dal più piccolo al più grande, salva le vite.

Non si può essere felici sapendo che certe brutalità continuano ad essere commesse.
Per loro e per noi ciò che serve è l'azione. >>

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