giovedì 4 ottobre 2007

IL RAGAZZO PROMETTE BENE!

Giustizia...
Procede il tempo, attendi il tuo verdetto.
Tormento.
Incalzano le cagne
materne spinte da furore immane.
Oreste, fuggi! a volte la Giustizia
si perde nel suo manto,
divina,
invano illusa di poter esistere.
Simone Conti
Questi sono 8 versi usciti dalla penna di un mio giovanissimo amico, che si è classificato PRIMO alla XIV edizione del Concorso Nazionale Eschileo di Agrigento, sbaragliando altri settanta piccoli grandi poeti di tutta Italia.
Sulle mani il sangue materno, sulle spalle le colpe degli avi, sul collo il fiato delle Erinni: così Oreste aspetta la sentenza. E dubita. Vacilla.
La poesia è la descrizione di un attimo lungo un’eternità, un’immagine sobria e vibrante di questa dilatazione del tempo interiore del protagonista. Una fantasia pertinente ed intensa. Un’immagine nitida di un momento psicologico confuso.
Un’interpretazione, questa di Simone, sintomatica di un’acuta sensibilità poetica: ragazzo mio, sei in sintonia con uno dei massimi poeti dell’umanità!
La poesia si sviluppa per contrasti: il tempo scorre e Oreste aspetta immobile. Dall’opposizione semantica nasce il tormento del dubbio. Anch’esso dicotomico, attendere o fuggire, subire o agire, fermarsi o muoversi, e scandito dall’allitterazione della “t”, che è onomatopeica del martellare del dilemma nella coscienza del protagonista.
Poi il ricordo vivo della feroce persecuzione lo assale, lacerante quanto i morsi delle Erinni, simulati dall’assonanza dei suoni “a” ed “e” che dilaniano la carne e l’anima. È il rimorso. E subito l’opposizione si rovescia: Oreste può agire, muoversi, scappare. Mentre la vendetta non lo incalza più, perchè rischia di perdersi nella sua complicata metamorfosi in Giustizia.
Questa inversione è rappresentata anche dalla scelta metrica di alternare la lunghezza dei versi secondo una logica speculare (11, 3, 7, 11; 11, 7, 3, 11).
Anche l’andamento ritmico è funzionale alla resa espressiva del contrasto tra azione e impotenza: un’alternanza di accelerazione e decelerazione, un’onda di condensazione e rarefazione che si propaga attraverso i verbi. Lo scorrere sempre uguale e inarrestabile del tempo imprime una velocità media all’incipit. L’accelerazione ritmica si ha col verbo della corsa furiosa delle Erinni e prosegue oltre i limiti del terzo verso grazie all’enjambement. Il picco si raggiunge nel “fuggi!”, il cui punto esclamativo segna una cesura forte, una frenata che determina la decelerazione, implicita nel verbo “si perde” e palese nell’ultimo verso, dove la rarefazione dell’intensità dinamica è massima e sudordinata alla necessità semantica di scandire, sillabare le parole conclusive per affidargli il senso di tutto il componimento.

Oreste resta. E dall’inazione umana, che lascia campo libero all’azione divina, nasce la Giustizia: il voto di Atena legittima l’assoluzione di Oreste. Crea un precedente inappellabile e autorizza il neonato tribunale dell’Areopago, da lei istituito, a privare di valore giuridico la vendetta.
Una commutazione di pena che segna la nascita del diritto moderno. Oreste è l’umanità in un momento intenso di transizione.
Ma tutto questo è successivo all’attimo descritto nella poesia.

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